mercoledì 9 giugno 2010

Godzilla: Cronologia Marvel





















nr. 1, may 1977, The Coming, D.Moench (t), H. Trimpe (d), J.Mooney (c).
nr. 2, jun 1977, Thunder in the Darkness, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F.Giacoia/G.Tuska (c).
nr. 3, jul 1977, A Tale of two Saviors, D. Moench (t), H. Trimpe (d), T. De Zuniga (c).
nr. 4, aug 1977, Godzilla vs. Batragon, D. Moench (t), T. Sutton (d), T. De Zuniga (c).
nr. 5, sep 1977, The Isle of the Lost Monsters, D. Moench (t), H. Trimpe (d), K. Janson (c).
nr. 6, oct 1977, A Monster Enslaved, D. Moench (t), H. Trimpe (d), H. Trimpe (c).
nr. 7, nov 1977, Birth of a Warrior, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F. Kida (c).
nr. 8, dec 1977, Titan Times Two, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F. Kida (c).
nr. 9, jan 1978, The Fate of Las Vegas, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F. Kida (c).
nr.10, feb 1978, Godzilla vs. Yetrigar, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F. Kida (c).
nr.11, mar 1978, Arena For Three, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F. Kida (c).
nr.12, apr 1978, The Beta Beast, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F. Kida (c).
nr.13, may 1978, The MegaMonsters from Beyond, D. Moench (t), H. Trimpe (d), F. Kida (c).
nr.14, jun 1978, The Super-Beasts, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.15, jul 1978, Roam on the Range, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.16, aug 1978, The Great Godzilla Roundup, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.17, sep 1978, Of Lizards, Great and Small, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.18, oct 1978, Fugitive in Manhattan, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.19, nov 1978, With Dugan on the Docks, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.20, dec 1978, A Night at the Museum, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.21, jan 1979, The Doom Trip, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.22, feb 1979, The Devil and the Dinosaur, D. Moench (t), H. Trimpe (d), J. Abel (c).
nr.23, mar 1979, The King Once More!, D. Moench (t), H. Trimpe (d), D. Green (c).
nr.24, apr 1979, And Lo, a Child Shall Lead Them, D. Moench (t), H. Trimpe (d), J. Abel (c).

legenda: (t) testi, (d) disegni, (c) chine

Godzilla: Marvel Addio!


E siamo all'epilogo.
Nell'estate del 1979 esce l'ultimo numero, il ventiquattresimo, di Godzilla per i tipi della Marvel Comics Group. Il finale è comunque solenne come merita il personaggio.
La pomposità del last issue si avverte sin dalla copertina, una delle migliori della serie, che ritrae Godzilla di spalle mentre, al tramonto, abbandona la città per avviarsi verso una meta ignota.
L'ultimo numero non è caratterizzato solo dalla grande quantità di supereroi ospiti (cfr. cap. “Un mostro tra gli eroi”) ma il ruolo di protagonista viene affidato, ancora una volta, al dodicenne Rob Takiguchi, impersonificazione (presunta) del lettore tipico dell'albo e dei sogni di molti ragazzini suoi coetanei.
Non ci sono supereroi che tengano, l'unico che ha saputo conquistarsi l'amicizia e l'affetto di un mostro di decine di tonnellate che sputa fiammate nucleari è lui. E lui ne eviterà la fine, quasi accompagnandolo per mano in quelle acque oceaniche dalle quali è arrivato, due anni e ventiquattro numeri fa.
L'atmosfera generale è quella del periodo cinematografico di Godzilla della prima metà degli anni '70, allorquando la mostruosità e lo spirito distruttivo del personaggio vennero attenuati, per dare spazio alla “bontà d'animo” del bestione con conseguente rappresentazione di situazioni melense, che non poco disappunto avevano creato nei fans. Le lacrime di Rob nell'ultima pagina segnano anche la fine, per molti anni, di Godzilla nel fumetto.
I motivi dell'interruzione della serie sono principalmente quelli di sempre e cioè le scarse vendite, magari sufficienti per un prodotto interno alla Marvel, ma non tali da poter sostenere un personaggio per il quale si dovevano anche corrispondere dei diritti alla Toho Co. Ltd..
Godzilla lascerà il mondo dei supereroi senza suscitare grande clamore nell'ambiente fumettistico americano, lasciando però l'amaro in bocca ai fedelissimi fans del Grande G, uno zoccolo duro di appassionati che saprà attendere venti anni prima di ritrovare sugli scaffali il loro mostro preferito.

Godzilla vs. Robot!


L' americanizzazione di Godzilla è stata pressoché totale, come abbiamo avuto modo di analizzare negli altri post, sia a livello narrativo che grafico. Gli elementi della cultura giapponese sono quasi tutti scomparsi, ed il “quasi”si spiega con l'introduzione di una figura tradizionale della narrazione a fumetti ed animata di cultura giapponese: il robot gigante.
Questa presenza è contestualizzata nella società statunitense, dato che la fabbricazione del gigante metallico avviene nelle industrie di Tony “Iron Man” Stark seppur su progetto del dottor Yuriko Takiguchi, lo scienziato nonno di Rob che ha seguito Godzilla sino in America.
Il robot-samurai, costruito con l'obiettivo di fermare Godzilla, ha anche un nome proprio, Red Ronin, e diventa co-protagonista delle avventure per più numeri a partire dall'albo nr. 6, allorquando, appena terminata la sua costruzione, il giovane Rob Takiguchi, si mette furtivamente alla “guida” di Red Ronin nel tentativo di bloccare Godzilla prima che gli americani gli facciano del male.
Gli episodi con protagonista il robot non sono tra i più caratteristici del serial e si trascinano con trame di routine, destinate solo ad evidenziare gli scontri in stile anime tra Godzilla, Red Ronin ed altri eventuali mostri.
Il robot, difatti, nelle mani di Rob, diventa un alleato più che un avversario del mostro.
Questa alleanza si dipana per sette numeri (sino al 13) con la sola interruzione del nr.9 basato sulle vicissitudini di Winslow Beddit. (cfr. post “Minimal Godzilla”).

Minimal Godzilla


Ogni trama catastrofica che si rispetti sviluppa delle vicende parallele a quelle della “morte e distruzione” che fanno da filo conduttore, sia esso di impianto letterario o cinematografico.
Nel serial a fumetti di Godzilla esiste una storia esemplare, apparsa nel nr. 9 dell'aprile del 78, la cui descrizione della distruzione di Las Vegas da parte del Verdone passa quasi in secondo piano rispetto alla vicenda di Winslow Beddit, giocatore accanito che spera in una vincita al fine di salvare la propria madre bisognosa di un costoso intervento chirurgico.
Assistiamo ad un montaggio incrociato degli eventi che riguardano Winslow ed il mostro, espediente ricco di effetti narrativi divertenti e nelle poche pagine che compongono il comic book Moench non manca qualche buon colpo di scena.
Winslow non è quello che sembra, in realtà dietro la figura di questo pover'uomo che tenta la sorte per aiutare la mamma si cela uno psicopatico vittima del vizio del gioco.
La madre è difatti morta da tre anni, come gli ricorda la moglie al telefono prima di abbandonarlo...
Tutta la narrazione dell'episodio è quindi caratterizzata dall'alternarsi ritmico, a volte speculare, nella sequenza delle immagini, delle vicende di Godzilla e di Winslow, con l'intento di accomunare i due protagonisti non solo a livello grafico ma anche su un piano sociale e morale.
Vite parallele di due personaggi, ugualmente rifiutati dalla società, ugualmente “mostri”.
E tra mostri in carne ed ossa, Godzilla e Yetrigar, e mostri di metallo, il robot Red Ronin, si sviluppa nel nr. 11, un'altra vicenda di gente comune, un gruppo di esploratori della domenica che tra rafting nel Grand Canyon e scalate passano momenti orribili, risolti grazie ad un tempestivo intervento di un elicottero dello S.H.I.E.L.D.
L'episodio è noioso e riprende le tematiche delle decine di film catastrofici di quegli anni che tra effetti speciali e sventure indagavano la personalità dei malcapitati.
Un altro episodio minimale delle avventure di Godzilla, ma enorme in quanto ad assurdità ed impatto demenziale, è quello ambientato in pieno Far West.
La vicenda si snoda in due numeri, il 14 ed il 15 usciti nell'ottobre e novembre del 1978.
Nel primo dei due il protagonista è il cowboy Lefty Walsh che, per salvare la mandria da Godzilla si esibisce in una presa al lazo e conseguente cavalcata sulla coda di Godzilla come se stesse partecipando ad un rodeo!
Tutto l'albo è farcito di situazioni imperdibili e curiose, che mescolano western e fantahorror, in una commistione di generi non nuova ma sempre sorprendente. Il passaggio nel West del Leviatano prosegue nel numero successivo quando si risolve la lotta tra rancheros con la morte del disonesto Bill Ford per “mano”, guarda caso, proprio di Godzilla. Il tentativo di coniugare l'epopea del Far West e Godzilla è di per sé miserevole ma se guardiamo i due albi con l'ottica del trash, per quanto abusata, allora dobbiamo considerarli tra i migliori della serie.

Godzilla: Un Mostro tra gli Eroi


La presenza di mostri, abbiamo visto, si riduce tutto sommato ad apparizioni poco coinvolgenti, limitate alla creazione di imitazioni degli originali giapponesi o a stratagemmi narrativi come quelli di un miniGodzilla in lotta con un vero topo. Il contributo dei personaggi Marvel è di contro costellato di apparizioni e cameo inaspettati e sorprendenti, anche se di livello narrativo incostante.
Il filo conduttore tra il Marvel Universe e Godzilla è rappresentato dallo S.H.I.E.L.D. (Strategic Hazard Intervention Espionage and Logistics Directoriate) una organizzazione governativa con a capo Nick Fury, pluridecorato eroe della II guerra mondiale che, grazie ad una misteriosa formula, ha mantenuto la forza ed il vigore dei suoi anni migliori.
Lo S.H.I.E.L.D. è chiamato sin dall'inizio ad occuparsi di un avvenimento eclatante come l'arrivo del “Re dei mostri” negli USA. Il maggior rappresentante dell'organizzazione, Nick Fury, lascia però sovente la scena al veterano Dum Dum Dugan. Lo S.H.I.E.L.D. si occupa, in linea con la sua ragion d'essere e con una scelta degli autori che potremmo definire politically correct, della sicurezza nazionale e della incolumità dei cittadini americani. Quindi, raramente e sempre con finalità difensive, è protagonista di scontri diretti particolarmente violenti con il King.
Il ruolo dell'organizzazione non va aldilà di quello di spalla, fornendo una sorta di background istituzionale che fa molto “americano” e che non fa altro che concretizzare il residuo di dualismo/antagonismo tra Giappone e USA.
Ma agli occhi del lettore, e del collezionista, è molto più intrigante l'avvicendarsi di altri eroi in costume che, in ventiquattro mesi, hanno avuto a che fare con il più grande personaggio della fantasia made in Japan.
Nel nr. 3 compare un supergruppo anomalo e misconosciuto del mondo Marvel: The Champions. La formazione, quanto mai eterogenea, vede Hercules, i mutanti Iceman e Angel, Darkstar, Black Widow ed il motociclista Ghost Rider. E qui arriva la sorpresa. Senza spiegazione alcuna i Champions visti in Godzilla sono orfani del motociclista dal teschio fiammeggiante e di Darkstar.
E' Iceman a comunicare le assenze ma, mentre per Darkstar l'Uomo Ghiaccio abbozza una spiegazione che viene prontamente interrotta da Black Widow («è momentaneamente fuori a fare il suo...») per Ghost Rider il mutante comunica semplicemente «non so dove sia».
La scelta di queste assenze, apparentemente inspiegabili, in realtà tradisce una motivazione di mercato. Godzilla nasce come pubblicazione per i kids, i ragazzini intorno ai dieci anni o poco più, ed una presenza di un eroe dannato ed infernale come Ghost Rider, dall'aspetto peraltro poco rassicurante, è stata probabilmente considerata sconveniente dagli editor.
La sfida in terra californiana tra il supergruppo di Los Angeles e Godzilla, anche se narrata in maniera frettolosa, non manca di spunti interessanti.
Spicca, ad esempio, la solidarietà tra i componenti mutanti del team di supereroi ed il mostro con il quale condividono lo status di “diversi”, di esseri inaccettati dalla comunità. Ciò crea delle incomprensioni tra gli eroi e lo S.H.I.E.L.D.
Questo contrasto dà in pratica via libera alla furia di Godzilla che, secondo la migliore tradizione del cinema catastrofico, distrugge nientemeno che lo storico ponte Golden Gate nella baia di San Francisco. La distruzione del ponte è uno degli incubi più ricorrenti della popolazione californiana, terra sismica per eccellenza.

E così, ancora una volta, più o meno inconsciamente, ci si serve di un mostro per esorcizzare la realtà, per riderci sopra nel vedere Hercules che tira al “King of the Monsters” pezzi di autostrada come se fossero sassolini.

Da sottolineare la comparsa, in questo stesso albo, di Tony Stark (alias Iron Man) nelle sue funzioni di manager della Stark Corporation. Stark avrà un ruolo importante nello sviluppo della serie non nella sua veste di supereroe, ma proprio come industriale (cfr. cap. “Robot”).
Con la duplice intenzione di fornire una vasta varietà di ambientazioni e di coinvolgere più direttamente i giovani lettori di ogni parte d'America, Godzilla è un instancabile viaggiatore e lo sarà per tutto l'arco dei 24 numeri della serie. Un mostro che, a suo modo, si appropria della cultura on the road, in un viaggio da costa a costa nel quale , alla ricerca di una - impossibile - vita tranquilla, viene a contatto con le più importanti città degli Stati Uniti d'America.
Inevitabile quindi, giunti sulla costa atlantica, non toccare anche la città dei supereroi per eccellenza, New York. E' qui, verso la fine della sua epopea in casa Marvel, che Godzilla si confronta nell'arco di pochi albi (dal nr.20 al nr. 24), con un numero incredibile di personaggi in costume, in una sarabanda i cui toni sono più vicini a una comica finale di teatrale memoria che a una storia d'azione e d'avventura. Il lettore sembra trovarsi di fronte al termine di una farsa, quando tutti i personaggi della recita compaiono in scena per il chiarimento degli equivoci con tanto d' inseguimento intorno al tavolo della sala da pranzo.
Nella parte finale della sua carriera cominciano a prendersi “cura” del mostro i Fantastici Quattro, lo storico gruppo creato nel 1961 da Stan Lee e Jack Kirby. Lo scenario è una delle mete turistiche per eccellenza di chi visita la Grande Mela, il Museo di Storia Naturale. Tra gli scheletri di veri dinosauri avviene uno degli scontri che i fan del Marvel-Godzilla attendevano da tempo: quello contro la Cosa. Con quello che egli stesso definisce «pugno della domenica» La Cosa spedisce il verdone in una vasca di squali vivi, esposti in una sezione speciale del museo. Avuta quindi, almeno provvisoriamente, la meglio i FQ trasportano Godzilla, legato alla loro Fantasticar, nel Baxter Building. Qui prenderà il via l'esperimento di teletrasporto nella preistoria che non sortirà gli effetti voluti ma porterà il mostro a scontrarsi con Devil Dinosaur (cfr. cap. “ American Kaju”). La testata continua a veder calare le vendite e, dopo la parentesi primordiale, ecco che una task force di eroi Marvel tenta di risollevarne le sorti.
Se i Fantastici Quattro e buona parte dello S.H.I.E.L.D. non sono sufficienti ad evitare che Godzilla distrugga tutta New York ecco arrivare in soccorso i Vendicatori, la cui formazione era, all'epoca, Captain America, Thor, Vision, Scarlet Witch, Yellowjacket, Wasp, Iron Man, antecedente quindi alla rivoluzione nell'organico degli Avengers vista nel nr. 181 della serie originale. Ma altri volti noti del Marvel Universe fanno la loro comparsa.
Il direttore del Daily Bugle, J. Jonah Jameson è protagonista di una divertente gag con Godzilla che si “affaccia” alle finestre del palazzo della redazione. La presenza di Jameson è il preludio ad una futura apparizione di Spiderman alias Peter Parker che, come vedremo, ci sarà ma si rivelerà meno eclatante di quanto i fans speravano.
Vendicatori e Fantastici Quattro proseguono la lotta contro Godzilla anche nel numero successivo, purtroppo l'ultimo, senza comunque ottenere grandi risultati. L'unico infatti che convincerà Godzilla a cessare le ostilità sarà, come sappiamo, Rob Takiguchi, il dodicenne nipote dello scienziato che ha seguito Godzilla sino in America.
Ma c'è ancora tempo, finalmente, per una apparizione, nella penultima tavola della serie, di Spiderman, che si limita però a scattare delle fotografie al verdone per poi rivenderle, nelle vesti di Peter Parker, a J.J. Jameson.
Spiderman afferma testualmente di «essere giunto troppo tardi per partecipare alla festa». La battuta è pronunciata, o meglio pensata, nell'unica vignetta nella storia mondiale del fumetto che ritrae insieme L'Uomo Ragno e Godzilla, un team-up dal quale i lettori avrebbero potuto ottenere qualcosa di più se la collana non avesse oramai esaurito il ciclo.

Godzilla: American Kaiju

Come spiegato in precedenza, quella di evitare nei comic books la presenza dei più famosi mostri antagonisti di Godzilla era una scelta non solo narrativa ma anche economica, in virtù del copyright che gravava su ogni singola creazione della Toho Co. Ltd.. Godzilla senza mostri era come raccontare Spiderman senza citare mai Goblin. E così, nei due anni di vita editoriale del re dei mostri in Usa, sono apparse delle creature fantastiche made in Marve surrogati delle creature giapponesi. Del resto nei gloriosi anni '60 la Marvel fece dei mostri e delle “creature dell'altro mondo” uno dei suoi cavalli di battaglia, con testate storiche quali Tales to Astonish o Creatures on the Loose. I mostri apparsi in Godzilla non eguagliano certo per fascino quelli dei maestri della Silver Age (Jack Kirby, Dan Adkins, Steve Ditko...) ma hanno comunque rappresentato quanto di più vicino alle vicende classiche del Godzilla cinematografico si sia potuto vedere nei comic books.
Purtroppo l'esordio dei mostri made in Usa rivali di Godzilla non è dei migliori. La prima “sfida di settore” avviene infatti nel nr. 4, uno dei due albi disegnati da Tom Sutton. Il rivale del nostro protagonista è tale Batragon che, come si può intuire dal nome, altro non è che una mutazione, ingigantita, di un pipistrello divenuto una sorta di dragone anfibio (Bat+Dragon = Batragon....).
La creatura giunge dal nord dell'Oceano Pacifico, di fronte alle coste del Canada e dietro la sua minaccia si nasconde il Dr. Demonicus, un folle supercriminale, definito dallo stesso Moench come «bizarre», che vive in una sperduta isola vulcanica. Più volte Demonicus cercherà di distruggere Godzilla sfruttando le sue orribili creazioni.
Demonicus, chiaramente ispirato al personaggio del Dr. Moreau di H.G. Wells, ha dato vita sull'isola ad una serie di esperimenti grazie ad meteorite radioattivo caduto, guarda caso, proprio vicino alla sua residenza, finalizzati alla creazione di esseri mostruosi che sembrano nati appositamente per combattere Godzilla. Nel nr. 5, sempre disegnato da Sutton, altri mostri ingaggiano sfortunati combattimenti con Godzilla. Il lucertolone Ghilaron, la mosca gigante Lepirax ed il lombricone Centipor vengono comunque facilmente eliminati da Godzilla e il Dr. Demonicus è presto catturato e smascherato dagli agenti dello S.H.I.E.L.D..
Prima di trovare un essere all'altezza del nostro verdone passano alcuni mesi ma, nel nr. 10, ecco rinascere da un lungo periodo di ibernazione Yetrigar, un essere metà uomo metà bestia, che trae ispirazione da una delle più famose leggende americane dei boschi, quella del Big Foot o Piedone , noto anche come Sasquatch. Dal confine col Canada il Piedone traversa buona parte degli States per incontrarsi con Godzilla in uno scenario adatto alle grandi, epiche, battaglie : il Grand Canyon. Yetrigar è forse il mostro made in Marvel più interessante. Yetrigar/Godzilla è uno scontro non solo fisico ma anche tra due tradizioni. Il Piedone è espressione genuina della cultura popolare americana così come Godzilla lo è di quella nipponica. Entrambi però sono in fondo vittime, prede destinate alla cattura da parte dell'uomo e questo tema, anche se in maniera superficiale, emerge e non a caso la sfida si risolve sì in favore di Godzilla, non però in maniera diretta ma grazie all'intervento del mega-robot Red Ronin (del quale si tratterà in un apposito capitolo). Dopo Yetrigar è il momento di nuovi esseri, giunti stavolta da altri mondi. Con una miracolosa esplosione nel cielo gli autori trascinano, senza troppe spiegazioni, Godzilla nello spazio dove affronta Beta-Beast, orrenda creatura che è un mix tra un gasteropode e una formicona. Ma Beta-Beast era un incubo per gli abitanti del pianeta Beta che ringraziano Godzilla meta-trasportandolo “a casa”. E non è ancora finita. Dal pianeta Mega, rivale di Beta, giungono sulla terra Thriax, Krhollar e Rhiahn. Tutto ciò dà vita ad una saga in tre parti (nr.12-13-14) dalla trama un pò confusa, pretesto per battaglie che si voleva spettacolari e che invece si rivelano solo divertenti, non foss'altro per la caratterizzazione di questi mostri dell'Oltrespazio. Se Thriax sembra un rinoceronte senza corno ma con antenne dotate di occhi e Krollar altri non è che uno smisurato millepiedi dotato di unicorno il terzo, Rhiahn, è certo il più esilarante. Testa piatta circondata da dentatura, occhio ciclopico, zampe artigliate, coda mobile a tal punto da creare una centrifuga che gli consente un volo ascensionale o stazionario come quello di un elicottero.
Superfluo dire che Godzilla se ne sbarazzerà, anche se uscirà un pò malconcio dalla triplice battaglia.
L'elenco dei mostri creati ex novo dallo staff Marvel si esaurisce qui ma non sono mancate altre apparizioni di creature fantastiche. Moench e Trimpe si resero conto di avere già sotto copyright un degno avversario per Godzilla: Devil Dinosaur, creato da Kirby nel 1978. Ma come portare Godzilla nella preistoria ? Niente di più facile.
Nel nr. 21 i Fantastici Quattro riescono a bloccare temporaneamente Godzilla e, approfittando di uno stato di momentanea incoscienza del mostro, lo inviano tramite una macchina del tempo, una volta proprietà del Dottor Destino, nell'era mesozoica, ritenendo di inserirlo così in un ambiente a lui congeniale. Ma anche in quell'era non c'è pace per Godzilla. Attaccato da decine di dinosauri carnivori Gojira deve difendersi anche da Devil Dinosaur, il tirannosauro che vive “in simbiosi” con Moon Boy, il ragazzo-scimmia. Godzilla in piena preistoria non si trova poi così a suo agio. In alcuni casi tra simili però ci si aiuta e così Godzilla stringe un'alleanza “istintiva” con Devil Dinosaur.
I due sono assediati da un popolo primitivo che controlla dei ferocissimi sauri giganti. La macchina del tempo attivata dai FQ si rivela mal funzionante e finisce col riportare improvvisamente Godzilla a New York, al centro di Times Square.
In piena Manhattan avviene la sfida tra uno dei veri mostri che da tempo hanno invaso la Grande Mela : i topi. Nel nr. 17, grazie ad un prodigioso gas, Godzilla comincia a ridursi di dimensioni e dopo una assurda scazzottata face to face con Dum Dum Dugan dello S.H.I.E.L.D., il lucertolone comincia a ridursi ancora sino a che, non più grosso di un gattino, viene portato, nell'episodio successivo, a New York per “accertamenti”. Durante lo sbarco dal Behemoth, uno speciale mezzo aereo di trasporto, la gabbietta di Godzilla si apre dopo un urto fortuito sulla rampa di scale. Il mostro - ora mostriciattolo - inizia la sua fuga per le strade - e le fogne - di Manhattan. Lo scontro con l' affamato e vorace topo avviene tra i cunicoli fognari che si trovano sotto l'8ª strada.
Anche se, come recita una didascalia, «gioca in casa» il topo viene sconfitto. Godzilla comincia, lentamente, a tornare alle sue dimensioni e il giovane Rob ritrova il suo amico dalla pelle verde e l'alito di fuoco. Il tutto nelle ultime tre pagine del nr. 18.

Godzilla a Fumetti: Anatomia di un Mostro

L'inserimento di Godzilla nel Marvel Universe non si è limitato al contesto narrativo o alla presenza di altri eroi e supereroi più o meno conosciuti. C'è un altro lato, evidente ma paradossalmente non sempre notato dai lettori, che caratterizza tutta l'operazione. La trasformazione fisica che ha subito il re dei mostri per il suo ingresso nei comic books. La figura di Godzilla è stata così ben studiata in Giappone che esiste un libro che ne spiega, con tanto di tavole anatomiche, la biologia e la struttura fisiologica, arrivando persino a coniare una denominazione scientifica che risponde al nome di Gojirasaurus, fantomatico dinosauro estintosi un centinaio di milioni di anni fa, dotato di una ghiandola di plasma sensibile all'energia nucleare. Ed è proprio da questa ghiandola che si sprigiona l'energia che si sfoga poi nel fascio radioattivo blu che fuoriesce dalla bocca mentre, contemporaneamente, parte dell'energia si scarica lungo le pinne dorsali che, di conseguenza, si illuminano.
Di tutto ciò il Godzilla americano ha conservato ben poco anche se, a prima vista, le differenze possono sembrare minime. Il Marvel-Godzilla è diverso dall'originale sin dal colore, verde brillante nei comics e verde scuro al cinema. Negli albi il fascio radioattivo è ora giallo, oraarancio, ora rosso, ma mai blu come si vede nei film e, inspiegabilmente, nei fumetti le pinne dorsali non si illuminano mai. La dentatura disegnata da Trimpe è molto più simile a quella di un tirannosauro, molto più lunga quindi di quella del mostro e gli occhi sono dipinti di un rosso fuoco, forse per fare il paio con il respiro fiammeggiante, invece che essere scuri. A queste differenze si aggiunge un aspetto sorprendente nell' americanizzazione di Godzilla.
Il mostro nei comics ha subito, in maniera peraltro progressiva, un vero e proprio processo di antromoporfizzazione. Il Godzilla della Marvel si è sempre più umanizzato, assumendo forme, proporzioni, perfino espressioni ed atteggiamenti, sempre più umani e meno mostruosi. Una struttura muscolare supereroistica è stato il primo passo di questa antromoporfizzazione. Osservando bene i disegni, in special modo le copertine, si nota come il mostro sia dotato di bicipiti non molto dissimili da quelli di Hulk o di Rhino. La sua pelle ricorda molto più quella di Lizard, il lucertolone umanoide nemico di Spiderman, che quella di un dinosauro. Anche le posture ed i movimenti di Godzilla sono più vicini a quelli di un enorme gorilla (zampe prensili come mani, piedoni dal plantare perfetto) che non a quelli di un, seppur ipotetico, gigantesco sauro.
Le situazioni più intriganti sono quelle in cui Godzilla si mostra umano come quando, nel nr. 15, contempla alcuni teschi di bue sul palmo della sua “mano”, tenendo un gomito appoggiato sul ginocchio. Anche quando il lato ferale di Godzilla torna ad essere protagonista quello che ne emerge non è più un mostro, ma una bestia pietosa in cerca di quiete. Tutto ciò culmina nel nr. 24, l'ultimo della serie, quando Godzilla obbedisce come un cagnolino al dodicenne Rob che gli ordina «Vieni qui Godzilla, sono io Rob, devi ascoltarmi...».
Grazie all'implausibilità di questa interpretazione del mostro il ciclo realizzato da Moench e Trimpe si rende ancora più interessante e curioso, ricco di un umorismo involontario che si esprime in un universo narrativo unico nel suo genere e, a suo modo, innovativo per il mondo dei fumetti Marvel

Lo Staff di Godzilla



La seconda metà degli anni '70 ha segnato il debutto in Marvel di molti nuovi autori che avevano la - grande - responsabilità di non far rimpiangere le storie di Stan Lee e i disegni dei vari Kirby, Romita, Colan, Buscema, che in alcuni casi erano passati ad altri incarichi all'interno della stessa “Casa delle Idee” oppure erano impegnati in avventure editoriali con differenti case editrici. Godzilla, nonostante l'importanza del personaggio, non era certo un flag title per la Marvel e quindi per la realizzazione del mensile vennero incaricati un autore, Doug Moench (foto a sinistra), ed un disegnatore, Herb Trimpe (foto a destra), non sconosciuti ma nemmeno in possesso di grande credito tra i fans. Doug Moench, lo sceneggiatore, non ha goduto di buona critica per un lungo periodo della sua carriera. I suoi detrattori prendendo ad esempio serie quali Moon Knight e Werewolf by Night (da noi Licantropus) non gli hanno risparmiato accuse di trame piatte, di scarso approfondimento psicologico dei personaggi, di banalità dei dialoghi. Queste argomentazioni, se possono anche essere parzialmente condivise soprattutto per il primo periodo della sua carriera, sono state puntualmente smentite dai lavori successivi. Moench è diventato uno dei più importanti sceneggiatori di Batman, con un rapporto tra quantità di storie prodotte e qualità delle stesse difficilmente eguagliabile. L'autore ha poi mostrato le sue doti di scrittore non solo nelle serie regolari, ma anche in quella collana d'autore che è Batman: Legends of the Dark Knight per la quale ha scritto, ad esempio, Prey.
Per quanto riguarda l'impegno con Godzilla, Moench si sofferma poco, salvo alcune eccezioni che vedremo in seguito, sull'introspezione psicologica dei protagonisti. Le storie privilegiano la presenza di mostri avversari, scienziati pazzi, armi fantastiche, pescando a piene mani da tutta la fantascienza pulp e dai B-movies, ambientando le vicende in scenari improbabili (memorabile il nr. 15 della serie, quando Godzilla si trova a fronteggiare dei cowboys in pieno Far West...)
Moench però, forse anche con un pizzico di inconsapevolezza, riesce a rendere affascinante la serie proprio in virtù del contenuto demenzial-fantascientifico che la caratterizza.
Ad affiancare Moench c'è il disegnatore è Herb Trimpe, già al servizio della Marvel dalla fine degli anni '60 quando iniziò il lunghissimo, quasi decennale, impegno con Hulk. Anche se il suo nome non appartiene al gotha dei disegnatori, Trimpe ha nel suo curriculum un evento storico per la Marvel: la creazione grafica ed il debutto di Wolverine, avvenuto in The Incredible Hulk nr. 181 del 1974. Il mutante canadese è il personaggio più importante nato in quel periodo di ricerca e sviluppo tra il '70 e l'80 ed ancora oggi è uno degli eroi di punta del Marvel Universe.
Oggi il lavoro di Trimpe, come tutta la produzione degli anni '70, è in via di rivalutazione, ma all'epoca non entusiasmava i collezionisti e, a parte qualche albo di Iron Man, Daredevil e Marvel Team-Up, la sua carriera si espanse attraverso una serie, G.I. JOE (giugno 1982) di grande successo commerciale, ma destinata più al pubblico dei kids, i ragazzini intorno ai dieci-dodici anni, che non agli appassionati ed i cultori del fumetto.
Trimpe ha avuto comunque il suo riscatto d'autore con la miniserie Machine Man del 1984, scritta da Tom De Falco divenuta un piccolo culto tra i lettori.
Anche Godzilla potrebbe essere considerata una serie “da ragazzini”, ma ad un esame più attento un giudizio simile si potrebbe rivelare superficiale, soprattutto se ci si limita a giudizi critici ed artistici in senso stretto, senza considerare il lato divertente, nostalgico ed anche squisitamente ingenuo dell'operazione.
Lo staff di Godzilla, oltre a Moench e Trimpe, si è, nel corso dei due anni di pubblicazione, arricchito di presenze anche eccellenti.
Due numeri, il 4 ed il 5, sono stati disegnati da Tom Sutton, onesto penciler di quegli anni, mentre il nr. 1 è stato inchiostrato da Jim Mooney, che molti considerano una delle migliori chine che abbia mai avuto L'Uomo Ragno. Via via il ruolo di inker è stato ricoperto da altre buone, a volte grandi, firme: George Tuska (Iron Man, Luke Cage), Klaus Janson (Punisher, inchiostri per Dark Knight returns di Frank Miller), Frank Giacoia (inchiostri per Daredevil e Amazing Spiderman), Tony De Zuniga, Jack Abel. Gli inchiostratori titolari, Fred Kida e Dan Green, non sono invece mai andati aldilà di una notorietà ristretta agli addetti ai lavori.
Il letterista era l'onnipresente John Costanza che avrà ripassato a china milioni di parole in casa Marvel. Alla fine degli anni '70 anche i coloristi divennero degni di menzione nei credits e così onore al merito a Phil Roda e Mary Titus che, con tecniche molto più artigianali di quanto si faccia oggi grazie al computer, rendevano in full-color le storie del verdone. Volendo chiudere il discorso sul team creativo rimane da fare solo una considerazione o, meglio, una recriminazione. Quello che è mancato nel Godzilla della Marvel è un episodio disegnato da Jack Kirby, indimenticato creatore di decine di mostri del fumetto. Un Godzilla di Kirby, o almeno una sua copertina, sarebbe oggi un tesoro inestimabile ma, purtroppo, all'epoca “Jack the King” era troppo occupato con i personaggi di prima linea di casa Marvel e proprio in quei mesi era al lavoro con uno dei suoi capolavori, la famosa storia di Silver Surfer scritta da Stan Lee e pubblicata in un volume dalla Simon e Schuster. Praticamente erano nate le graphic novel...

Stan Lee Presenta...


Les Daniels, uno dei maggiori storici del fumetto americano ha definito nel suo libro Marvel gli anni che vanno dal 1970 al 1978 come quelli della «ricerca e dello sviluppo».

Quello è stato infatti uno dei periodi più delicati della storia della “Casa delle Idee”.
La prima generazione di autori stava lasciando le redini creative ad un nuovo gruppo di sceneggiatori e disegnatori, con il risultato di una sperimentazione dagli esiti non sempre positivi. Inoltre, aspetto ancora più preoccupante, dopo anni di successi e di conseguente consolidamento economico arrivarono i primi segnali di crisi finanziaria. Nel 1975 la Marvel continuava a detenere il primato delle vendite di comic books, ma i profitti scarseggiavano.
Le motivazioni erano molteplici. Non solo i comics persero popolarità rispetto agli anni d'oro, ma anche i distributori non consideravano più molto vantaggioso il mercato dei fumetti, sui quali si guadagnavano oramai pochi cents per copia. A ciò si aggiunse il prezzo della carta che era in continua ascesa. In questa fase di transizione arrivò il nuovo presidente della Marvel Comics Group, James E. Galton, giunto con l'apposito mandato di risolvere la difficile situazione.

Insieme a Stan Lee, che nel '72 lasciò la sua posizione di editor in chief per dedicarsi completamente al ruolo di publisher (senza abbandonare mai del tutto il lavoro di sceneggiatore), diedero il via ad una vera e propria riorganizzazione generale.
Per la cronaca, quello del dopo-Lee sulla poltrona di editor in chief fu un periodo travagliato, con cinque cambi al vertice in cinque anni.
Una delle strade intraprese fu quella di una diversificazione del prodotto editoriale, con iniziative
volte alla conquista di un nuovo pubblico che, magari, fino ad allora non si era mai avvicinato ai comic books. E' così che la Marvel diede il via ad una forte azione di licensing, acquisendo i diritti di una serie nutrita di personaggi ed eroi provenienti dal cinema e dalla TV, per trasportarli nel classico formato di 32 pagine a colori. La scelta si rivelò particolarmente indovinata per alcuni titoli, come ad esempio Star Wars, primo fumetto a superare il milione di copie vendute dai tempi della Golden Age degli anni '40.
Ma non solo di Guerre Stellari si riempì il parco editoriale dei TV and movie comics. Arrivarono, per citarne alcuni, Battlestar Galactica, Planet of the Apes, Island of the Doctor Moreau, The Deep e, il 3 maggio del 1977, Godzilla.
La storia del Marvel-Godzilla ha inizio, come racconta Archie Goodwin, editor in chief di quel periodo, ben cinque anni prima. Già agli inizi degli anni '70 l'allora editor Roy Thomas tentò di portare Godzilla negli USA, ma i problemi legali sull'acquisizione dei diritti erano talmente complessi che l'operazione non andò a buon fine. Stan Lee non abbandonò mai l'idea e nel 1976 si definì finalmente l'accordo con la giapponese Toho Co. Ltd. e Goodwin si trovò sulla scrivania un ingombrante dinosauro dal respiro fiammeggiante che di lì a pochi mesi doveva debuttare in the comics form. La trasposizione in fumetto di un successo cinematografico non è sempre garanzia di facili vendite. Questo concetto era ben chiaro in casa Marvel e comportò scelte difficili sull'impostazione della serie.
Quanto il Godzilla dei comics doveva distaccarsi da quello del cinema? Quali dovevano essere i suoi avversari? Godzilla avrebbe dovuto interagire o no con il Marvel Universe ? Il suo aspetto doveva o no essere modificato ?
Per rispondere a tutte queste domande l'editor in chief coniò una massima : «Media differenti richiedono approcci differenti».
E quindi i lettori si trovarono di fronte un Godzilla americanizzato, introdotto nell'universo Marvel ed anche fisicamente leggermente diverso nell'aspetto.
Ma dietro le pubbliche dichiarazioni di Goodwin c'era qualcos' altro. L' americanizzazione del mostro dei mostri è qualcosa di più che una esigenza dovuta a strategie editoriali.
Se pensiamo al Giappone come vittima della bomba atomica e all'allegoria che il mostro rappresenta è sin troppo evidente che portare questi temi in un fumetto popolare sarebbe stato imbarazzante per la casa editrice e forse anche per la maggioranza dei lettori. E c'è un altro aspetto è risultato decisivo per la nascita di una nuova direzione narrativa per Godzilla.
I fan del mostro sanno benissimo che uno dei leit-motiv dei film è lo scontro con altri fantasiosi esseri. Ebbene se la Marvel avesse voluto presentare nei suoi albi non solo Godzilla ma anche Mothra, la farfalla gigante, oppure Kingh Ghidorah, il mostro a tre teste, o Gigan, solo per citarne alcuni, avrebbe dovuto firmare altrettanti contratti di cessione diritti e, a quel punto, il costo dell'operazione Marvel-Godzilla sarebbe stato elevatissimo e poco remunerativo se non fallimentare.
Decisa la strategia, nel marzo del '77 comparvero le prime pubblicità sugli albi Marvel cha annunciavano l'uscita di Godzilla.
«He' s coming your way ...as only Marvel could do it!!» (tr. Sta arrivando alla vostra maniera...come solo la Marvel poteva farlo!!), così recitava lo strillo che con quel “vostra” già esprimeva l'intenzione di un Godzilla fumettistico, sempre “lui” ma proposto in maniera differente e inserito nel mondo della Marvel, pronto ad attraversare gli Usa in lungo ed in largo.

Capitolo 1: Godzilla Goes to America


La seconda guerra mondiale era finita da dieci anni e tra americani e giapponesi non era più tempo di guerra ma di affari. Due uomini, Joseph E. Levine della Embassy Pictures e Tomoyuki Tanaka della Toho Co. Ltd. stavano trattando su come far invadere gli Stati Uniti dal mostro dei mostri. Il regista Inohiro Honda aveva diretto nel 1954 Gojira (questo il titolo originale di Godzilla), basato sul romanzo dello scrittore Shigeru Kayama. La storia originale non prevedeva che il mostro avesse un nome proprio ma la cinematografia ha le sue regole e la personalizzazione del mostro era un passo essenziale per portare la vicenda sul grande schermo. Godzilla - King of the Monsters, aldilà dei riferimenti espliciti ad alcuni film di fantascienza made in Usa (The beast of 20.000 fathoms del 1953 su tutti) è da molti considerato la risposta giapponese ad un altro grande mostruoso protagonista dello schermo, il King Kong diretto da Ernest B. Schoedsack. Non a caso lo strillo pubblicitario per il film di Honda recitava che «Godzilla make King Kong look like a midget» (tr. Godzilla fa sembrare King Kong un nanerottolo).Il vero nodo della questione non era però creare un mostro "più mostro" di quello americano, piuttosto quello di portare al cinema, in maniera spettacolare e sotto forma di allegoria, il dramma di un paese vittima della bomba atomica. C'era tutta l'intenzione quindi, neanche tanto implicita, di suscitare, o di far emergere, i sensi di colpa anche di un eventuale pubblico americano e internazionale.
Godzilla viene risvegliato proprio da una esplosione atomica per poi distruggere Tokio, così come la bomba americana devastò Hiroshima e Nagasaki. Quando intorno al tavolo Levine e Tanaka discutevano dello sbarco in Usa del “lucertolone”, gli americani non poterono non dire la loro. Ufficialmente la produzione Usa ritenne il film giapponese, così come era, non in grado di attirare pubblico sufficiente a rendere l'operazione redditizia.
Probabilmente l'affermazione poteva anche avere un fondo di verità ma tutto fa pensare che la versione originale del film avesse potuto rappresentare una “patata bollente” per la casa di produzione, nonostante il potenziale commerciale del lungometraggio sulla quale la Embassy Pictures era pronta a scommettere.
Alla fine, con l'abilità che contraddistingue i producer americani, Levine ottenne, in cambio dello sbarco nelle sale USA, che fossero girate ed inserite delle scene prodotte a Hollywood, in modo da rendere più vicino alla cultura occidentale il film. Il regista Terry Morse diresse l'attore Raymond Burr (il noto Perry Mason della TV) nelle riprese del materiale hollywoodiano.
La nuova, o meglio rinnovata, trama vedeva quindi l'attore americano impersonare il giornalista Steve Martin, inviato speciale a Tokio.
Ed è così che, nel 1956, Godzilla debuttò in America. Il successo fu immediato ed andò aldilà delle aspettative dei produttori giapponesi che ritenevano difficile, se non impossibile, che gli americani avessero potuto digerire così facilmente un film che in pratica era un J'accuse contro l'uso della bomba atomica. Il cinema ebbe invece un effetto catartico e la collaborazione tra USA e Giappone continuò con altri film sia di Godzilla che di altri esseri impossibili (Gamera, Rodan, solo per citarne un paio). Tutti i film del genere Kaiju Eiga (lett.“film di mostri”) ebbero un gran successo in quel periodo e crearono schiere di appassionati che ancora oggi ne decretano la fortuna con l'organizzazione di rassegne, pubblicazioni specializzate, convention. Il tutto supportato da un fiorente mercato video che copre
oramai l'intera produzione storica del settore.
E poi, come spesso accade nel cinema, “a volte ritornano”. Se difatti la produzione giapponese dei film di Gojira non si è mai fermata, il mercato USA per un lungo periodo non ha più importato i film del verdone ma il regista Roland Emmerich (Stargate, Independence Day) ha diretto nel 1998 per la Tristar un film di Godzilla ad alto budget e prodotto interamente ad Hollywood.

Godzilla: King of The Comics - Intro


Se in un cruciverba trovassimo la definizione «mostro del cinema» per una parola di otto lettere, molti di noi sarebbero portati a scrivere «Godzilla».
Eppure la popolarità di Godzilla ha vissuto fasi alterne, con momenti di alti e bassi tanto nella carriera cinematografica quanto in quella nei comics. In Giappone molti dei suoi film sono stati accompagnati da una versione a fumetti, spesso realizzata in maniera approssimativa, a volte anche infedele all'iconografia del personaggio.
Nelle antologie manga diffuse negli USA è apparsa qualche storia con il nostro protagonista, ma si è sempre trattato di presenze sporadiche.
In ogni caso, nonostante la notorietà del personaggio, il Grande G non ha mai avuto nella sua terra una serie regolare, cosa che è accaduta, per due volte, a distanza di quasi venti anni l'una dall'altra, negli Stati Uniti.
Ricostruire la storia nei fumetti di questo grande, enorme, personaggio, è un'occasione non solo per raccontarne un aspetto meno noto (i libri sul cinema di Godzilla non mancano di certo) ma anche per scoprirne e riscoprirne un aspetto seriale proprio della cultura popolare americana e che, in special modo nei comic books, fa della continuity uno dei suoi punti di forza. La prima serie regolare debuttò alla fine degli Anni 70, pubblicata dalla Marvel Comics Group, la casa di Spiderman e dei Fantastici Quattro. Una seconda serie arriverà negli Anni '90 a cura della Dark Horse, casa editrice indipendente con sede nello stato dell'Oregon.
Quello di Godzilla nei comics è un percorso che si snoda tra nostalgia e moda, sottocultura ed arte popolare, marketing e collezionismo.
Un itinerario aperto, che lascia spazio alla fantasia, alla curiosità ed al divertimento.